Più di 20 anni fa ho visitato il campo di concentramento di Dachau, dove morirono 30.000 detenuti, di cui 3.388 italiani.
Non dimenticherò mai quel silenzio assordante, non dimenticherò mai la sensazione di freddo che accompagnava ogni mio passo sui quei sassolini unici, violentati, quotidiani testimoni di tanto sangue versato non solo da ebrei ma anche da neri, omosessuali, zingari, liberi pensatori, disabili. Non dimenticherò mai quei documentari e foto in cui l’efferatezza umana assumeva dimensioni tali che mai nessun libro di storia avrebbe potuto renderne la minima idea.