Al PalArti “Processo per uno stupro”: Claudia Balsamo è Artemisia Gentileschi

CAPODRISE (Caserta). Talento, coraggio, determinazione. Artemisia Gentileschi è stata una pittrice di grande temperamento, dalla vita romanzesca e dagli amori tumultuosi. Figura contrastata, eroina femminista “ante litteram”, negli anni, ha ispirato il teatro e il cinema. L’evento che più di altri ha segnato il suo essere donna e artista, il processo a colui che abusò di lei, rivivrà nelle sale del Palazzo delle Arti di Capodrise, il 9 febbraio, alle 18:30, nell’anteprima nazionale “Processo per uno stupro”, secondo appuntamento della rassegna “Capodrise contemporanea”.  A dare voce e, soprattutto, corpo alla Gentileschi, sarà Claudia Balsamo, attrice campana proveniente dalla scuola dei De Filippo, che firma anche la regia e l’inedito adattamento drammaturgico, con sullo sfondo il celebre dipinto “Giuditta decapita Oloferme”. Al suo fianco, Tiziana Tirrito, nei panni del giudice, e Federica Palo, che interpreterà Tuzia, l’amica che tradisce Artemisia. Era il 1611 quando la fanciulla, dall’innato talento per le Belle Arti, fu violentata dal suo maestro, Agostino Tassi, «lo smargiasso», uomo collerico, dal carattere sanguigno e dai trascorsi burrascosi. Lo stupro si consumò nell’abitazione dei Gentileschi, in via Della Croce, a Roma, con la compiacenza di una certa Tuzia, vicina di casa, che, in assenza di Orazio, il padre di Artemisia, accudiva la ragazza. Dopo qualche esitazione, dovuta anche alle rigide convenzioni dell’epoca, Artemisia trovò il coraggio di denunciarlo, in anni in cui la violenza sessuale era considerata una generica lesione alla moralità che non offendeva la persona violata. Ciò che andrà in scena al Palazzo delle Arti, nella formula del teatro camera, saranno le fasi più laceranti del processo: un avvincente scontro fra le parti, con dialoghi forti, profondi, strazianti. “Processo per uno stupro” è un grido di giustizia, in cui la lingua italiana si mischia con quella napoletana; Napoli è l’ultima terra che ospitò la Gentileschi. Una regia “anatomica” che lascerà parlare la potenza del corpo, nelle azioni e nelle emozioni; un corpo invaso di passioni, perso nelle pulsioni, sul limite fra l’umano e l’istituto animale. Confine labile e sottile. Alla fine, Tassi sarà condannato all’esilio, ma è nell’arte che la ragazza troverà il suo vero riscatto. I costumi sono di Francesca De Rienzo e le maschere, di Vittorio Tirrito.

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