Alcune considerazioni di Alberto Abbate sull’operato di Velardi

PANOPTICON

Caro Michele, grazie innanzitutto per l’ospitalità (a conti fatti me la devi: sono o non sono l’unico che ti chiama “Misha”?). Approfitterei del tuo blog per sintetizzare qualche pensiero sui primi nove mesi di sindacatura di Antonello Velardi. Perché trascorso quasi un anno, emergono necessariamente dei dati ai quali va riconosciuta importanza: più o meno come si fa nella sintomatologia.

Uno di questi dati riguarda l’aspetto ‘simbolico’ dell’operato di Antonello.  E’ un aspetto (lo ripeto) straordinariamente nuovo. Lo è per la complicità del network, della comunicazione, dell’uso della notizia. Nessuno se lo è mai sognato in precedenza questo effetto, questo simbolismo mediatico. Probabilmente anche l’amministratore più scialbo (da noi abbondano), se avesse avuto dalla sua la stessa capacità di organizzare la notizia che caratterizza Antonello, ci avrebbe guadagnato il suo bravo salvacondotto, in fatto di notorietà.  La ‘notizia’ (sei un giornalista come Antonello, quindi me lo insegnate), può essere ambivalente. La notizia di norma testimonia di ciò che accade. Ma la notizia può anche essere ciò che non accade, cioè può riportare ciò che si teme (o si spera) che potrebbe accadere.

Vista in quest’ultima ottica la notizia diventa un eccellente strumento per provocare consensi o dissensi incondizionati, una sorta di suffragio, spesso acritico, da parte del corpo sociale (è così nella stessa Italia, ‘orientata’, messa a discutere sulla notizia del ‘probabile’).

Quale tipo di notizia rende Antonello Velardi? Egli rende sapientemente entrambi i tipi di notizia: riferisce di ciò che accade con puntualità maniacale, e nello stesso tempo riferisce di cose che potrebbero nel bene o nel male accadere.

Quanto a ciò che accade, io mi domando come mai un ottimo giornalista, una ottima penna insomma, sceglie il ruolo di ‘gazzettiere’ dell’ordinaria manutenzione. Qui torna in ballo il ‘simbolico’:  “le cose che dovrebbero funzionare (a prescindere) in una Pubblica Amministrazione, i servomeccanismi della macchina comunale, qui non funzionano”. Il messaggio simbolico mi sembra dunque chiaro: “sono il capitano e faccio il mozzo, giacché nessuno se ne occuperebbe, come nessuno se ne è finora occupato. Io sono in altri termini il signore delle macerie di quanti mi precedettero”. E va bene.

Quanto a ciò che potrebbe accadere, nel bene come nel male, la ‘notizia’ di Antonello Velardi produce una specie di brivido sociale, nella misura in cui riferisce che le cose stanno davvero cambiando. Come queste cose stanno cambiando, se si eccettua l’eccellente ordinaria manutenzione? Questo bisogna invece capirlo bene, insieme al Sindaco. Come le cose cambieranno? Perché capire come cambieranno significa capire se questo brivido sociale spunterà in qualcosa di migliore, oppure si capovolgerà in un pericoloso breakdown che coinvolgerebbe per primo il Sindaco (molti frattanto ridacchiano, speranzosi).

Caro Misha, io non faccio parte della Marcianise colta e perbene. Anzi, quando mi girano, nessuno è più lontano di me da una persona colta e perbene. Ma ho comunque tutti i diritti di interpellare chi mi rappresenta sulla sua ‘visione’ complessiva delle cose, su ciò che potrebbe accadere, nel bene come nel male. Ne va di mio figlio, se resterà. Per quel che mi riguarda, non ambisco ad altro che alla panchina nel parchetto, dove leggere, ed all’ospedale dignitoso dove crepare.

Vedo Marcianise radunata intorno ad un entusiasmo nuovo, questo lo vedo bene. Vedo ancora Marcianise orientarsi verso una specie di orgoglio civico, laddove in precedenza questo paese era un perfetto coro a bocca chiusa.

Questa la ‘destrutturazione’. Ma dove stiamo andando? Quale è l’Idea sottostante? Ho il pieno diritto di chiederlo. Antonello Velardi ha giustamente sfanculato i disoccupati che chiedevano posti di lavoro nella monnezza. E’ vero, un Sindaco non dà posti di lavoro: suo compito però è quello di creare le precondizioni del lavoro, del benessere. Quindi: quale è l’Idea?

Marcianise poteva essere un felice distretto della Brianza. Le condizioni esistevano ed esistono. Guarda questo Moloch dell’Interporto, per esempio, caro Misha. Interporto è oramai una parola inutile. Interporto non esisterà mai, lo sanno pure le ‘vasole’. Interporto, ‘monstrum horrendum ingens’, che ha divorato milioni di metri quadri della migliore agricoltura campana, ed ha dato da campare ad intere generazioni della politica. Cosa è ora la parola Interporto per Marcianise, cosa è nella mente del Sindaco? Noi abbiamo fatto fior di ‘soffietti’ al governatorato bassoliniano, in tema di Interporto. Anzi ci fanno ancora male le mandibole. Dobbiamo parlarne in qualche tribuna più qualificata, dobbiamo parlarne fuori da ogni ‘spazio corrosivo’? Stiamo qua, attendiamo.

Io da imbecille illetterato ho sollevato circa un mese fa il problema Esedra Novelli. L’ho fatto da cittadino, e con me parecchi altri. Ho ricevuto audizione, del che ringrazio. Non ci voleva la veggenza di un mago per capire quanto fosse importante, sul piano del simbolico, mettere mano ad un Monumento che antecede la presa della Bastiglia, l’ultimazione della Reggia di Caserta, e che forse è nato insieme al Marchese de Sade. Era la mia una domanda simbolica, (che ne parliamo a fare?) su quanto è accaduto in questo territorio.

Guarda, mio caro Misha, è solo sull’Idea di ciò che ci è accaduto e su ciò che ci accadrebbe che noi dobbiamo seriamente confrontarci.

Perché su tale Idea, molta parte di Marcianise, quella chiamata, manco a farlo apposta, all’appello da Velardi, può rispondere assai seriamente.

Grazie ancora per avermi ospitato, Misha.