Alla chiesa di San Simeone Profeta inaugurato uno sportello d’ascolto per quanti soffrono a causa della reclusione dei loro cari

dueMarcianise-A darne notizia è il parroco in un articolo sulla pastorale carceraria, già pubblicato sul giornalino diocesano di Poliedro (Novembre 2016):

 

Incontro sulla “Pastorale Carceraria” e creazione di uno sportello di ascolto per la forania di Marcianise

Sabato, 29 Ottobre 2016, alle ore 17,00 la Comunità parrocchiale San Simeone Profeta in Marcianise ha ospitato un incontro di riflessione sul tema della “Pastorale Carceraria”, per la Forania di Marcianise. Presenti, dopo il unosaluto del Parroco e del Sindaco Dott. Antonello Velardi, il noto pastoralista Prof. Don Antonio Palmese che è intervenuto sul rapporto giustizia punitiva e giustizia riparativa ed il Dott. Iannascoli Domenico, vicedirettore della Caritas diocesana, sulla necessità di un percorso formativo per gli operatori interessati ad impegnarsi sul tema. Modera l’incontro la prof.ssa Angela Gionti.

L’incontro ha voluto suscitare l’attenzione della cittadinanza sul mondo carcerario nel territorio di Marcianise, aiutare il discernimento critico degli stessi credenti, a partire dalla testimonianza concreta di alcuni operatori, già presenti nelle strutture carcerarie di Secondigliano e di Poggioreale, l’avv. Antonio Parisi e la prof.ssa Annunziata Apollonia.

L’evento si può inserire all’interno della nascente struttura di Coordinamento diocesano, voluta da S.E. il Vescovo Mons. Giovanni D’Alise, il quale, nel pomeriggio del 20 Settembre 2016, convocati il direttore della Caritas diocesana ed alcuni Volontari attivi in questo campo, dava le prime indicazioni pastorali, affinché si concretizzasse un percorso di formazione per i volontari e si procedesse al servizio nei confronti dei carcerati. La sua benedizione è stato l’inizio di un piccolo progetto, quello di aprire uno “Sportello amico dei Carcerati e dei loro familiari” in Diocesi e nelle parrocchie. Così, l’incontro nella parrocchia di S. Simeone Profeta, si è concluso con l’inaugurazione dello “sportello di ascolto” all’interno della stessa parrocchia, per quanti soffrono a causa della reclusione dei loro cari.

Perché il volontariato nelle carceri? La Pastorale carceraria, può essere considerata come un simbolo di “frontiera”, la cerniera di congiunzione, tra quella che siamo soliti definire la “società civile” e quella che, purtroppo, possiamo considerare come una delle tante periferie della nostra società, vuoi per le condizioni di degrado e di sovraffollamento, in cui versano molte delle nostre carceri, vuoi per l’angoscia per il futuro per coloro che vengono restituiti ad una società che spesso li rifiuta. Basti pensare all’infamante etichetta di “ex-detenuto” che accompagna per tutta la vita queste persone, nel momento in cui si mettono alla ricerca di un posto di lavoro, una volta scontata la pena.

Non vi è dubbio, infatti, come esista un sostanziale gap tra la vita dei reclusi e degli operatori penitenziari e la città esterna, separati da un muro di indifferenza spesso invalicabile. Il volontariato nelle carceri vuole attivare, pertanto, nel rispetto delle Leggi e dei regolamenti che disciplinano la vita del recluso, dei “percorsi di luce” per quanti pensano che “ormai è fatta” e che non c’è più speranza di riscatto.

Nel Vangelo, Gesù vuole che diventiamo operatori di misericordia, “siate misericordiosi come il Padre”; per questo anche a noi, rivolge le sue parole: “ero carcerato e siete venuti a farmi visita” (Mt 25,36). E <<l’unica via per conoscere la misericordia di Dio è farne esperienza>> (Enzo Bianchi), e ne fa esperienza solo chi si sente peccatore e non giusto, chi si sente malato e non sano (cfr. Mt 2,17 e par.). Ecco perché un Padre del deserto diceva: “Chi riconosce i propri peccati, è più grande di chi fa miracoli e risuscita un morto”. Sì, neanche il peccato può separarci dall’amore di Cristo (cf. Rm 8,35-39); anzi a volte, commettere un peccato – diceva con audacia San Giovanni Paolo II – può essere occasione per conoscere la misericordia di Dio che, sola, salva. Ma se siamo sinceri davanti al Vangelo di Gesù Cristo, dobbiamo pure confessare che la misericordia di Dio, raccontata e vissuta da Gesù, ancora oggi, ci scandalizza. La stessa vita di Gesù ce lo insegna.

 

A conclusione del VII Convegno diocesano, “La gioia dell’amore nella famiglia”, celebrato dal 13 al 16 Ottobre, Monsignor D’Alise ha esortato tutti i presenti: <<Non lasciamo sole le famiglie. Mettiamo in campo delle idee: potremmo generare un gruppo familiare per ogni parrocchia, in vista del prossimo convegno diocesano. L’appuntamento di questi giorni deve continuare, almeno fino all’anno prossimo>>. Tra queste famiglie non possiamo dimenticare le famiglie ferite dalla reclusione di un loro caro, che nonostante le proprie colpe, rimane membro della comunità cristiana.

I tempi sono maturi per una riflessione seria e responsabile sul mondo carcerario e la sensibilizzazione dei fedeli per il volontariato nelle carceri. Non cerchiamo emozioni filantropistiche, ma la consapevolezza che nelle Carceri visitiamo lo stesso Gesù, che nel Carcerato soffre, muore a se stesso e può risorgere! (don Tonino Palmese). È sempre bello pensare che almeno qualche volta, i piccoli (cioè gli ultimi) del Vangelo, tra questi i Carcerati, possano essere i primi a gustarsi le esperienze belle di una Chiesa solidale.

 

 

                                                                                                                                                                    Sac. Antonio Piccirillo