Il Crocifisso avrebbe rivolto una sola frase allo scultore e dopo 2 giorni..

IMG-20150912-WA0009Dopo il quesito che ho posto ieri “Davvero il Crocifisso ha parlato al suo scultore? Chi ne sa qualcosa? “, mi son pervenute una serie di notizie sul misterioso ed emozionante accaduto , non del tutto coincidenti. Quasi tutti concordano che al momento dell’ultima scalpellata, il Crocifisso domandò a Colombo dove l’avesse visto per averlo ritratto così bene e dopo 2 giorni lo scultore morì. Non convergono, invece, su cosa provocò allo scultore la forte emozione per quelle parole pronunciate dalla statua lignea : alcuni ritengono che diventò muto, altri che restò cieco. Grazie, dunque, alle vostre informazioni sembra che siamo venuti a capo di questa storia, che non saremo mai in grado di stabilire se appartiene alla fantasia popolare, al mondo della superstizione, delle leggende o ha un suo fondo di verità, solo in parte o interamente. Qualcosa, però, possiamo dire dal punto di vista storico, in particolare per quanto concerne la data della morte di Colombo: racconto popolare e atti ufficiali dicono cose assai diverse. Se infatti, leggiamo “Marcianise e il S.S. Crocifisso” del sacerdote, Raffaele Iodice ( gentilmente fornitoci dall’attento studioso della storia locale, Donato Musone), la statua fu realizzata agli inizi del 700. Scrive testualmente Iodice nel suo libro, che rappresenta in assoluto la prima opera sulla storia del Crocifisso: “E però nel maggio del 1706, alcuni del clero, sempre sollecito del bene delle anime, inter­preti del desiderio del popolo di Marcia­nise si recarono a Napoli, per fare ac­quisto di una statua di Nostro Signore sulla Croce. In Napoli, dove oggi è il Seminario piccolo, esisteva a quel tempo il Conservatorio dei poveri di Gesù; in esso si educavano fanciulli, si insegnavano arti, mestieri e anche musica. Quivi si diressero quei buoni sacerdoti, attirati dalla fama, che godeva Nicola Colombo, scultore in legno assai celebre, che forse insegnava in quell’istituto. Nella Chiesa annessa videro un Cristo morto in Croce, scolpito dal suddetto autore e non ri­sparmiando a spesa di sorta, lo compra­rono. La statua fu benedetta, e con grande devozione, trasportata a Marcianise, ri­cevuta da tutto il clero e dal popolo in processione: l’altare nella Chiesa parrocchiale, dove fu collocata, venne detto delle Cinque Piaghe..”.  Se dalle parole di Iodice, non si evince alcuna notizia sullo stato di salute dello scultore padovano Colombo o della sua fine, che possa confutare la storia popolare,  non lasciano spazio a equivoci le ricerche che abbiamo compiuto sull’anno della dipartita dell’artista: alcuni parlano del 1730 (TRECCANI) altri del 1731 a Napoli, circa 25 anni dopo il presunto miracolo. Questo è quanto, ognuno ne tragga le sue conclusioni e creda a ciò che ritenga più confacente alle notizie in suo possesso, ai dati storici, alla propria fede. In conclusione, a me preme solo rendere il giusto tributo ad un artista che ha regalato a Marcianise una splendida opera verso cui i cittadini nutrono un sentimento di affezione, devozione, fiducia senza precedenti. Ebbene Giacomo Colombo, non fu solo scultore in marmo, legno policromo e stucco, ma anche pittore , disegnatore d’argenterie sacre e di incisioni riproducenti le sue opere. Appartengono al suo ingegno:  il Crocifisso per la chiesa di S. Pietro di Cava dei Tirreni, il Crocifisso in legno policromo per la chiesa di S. Stefano a Capri.Collaborò con sculture di angeloni e putti alla realizzazione dei complessi “modelli in legno” degli altari per la certosa di S. Martino e la cappella del Tesoro di S. Gennaro (1700, 1707), le cui impaginazioni generali erano state affidate al Solimena. Sempre a lui son attribuite notevoli figure da presepe intagliate con tecnica incisiva e personalissima in forme realistiche senza concessione al gusto corrente, ponendosi come archetipi della futura tipologia presepiale, finanche nella visione cromatica.

Esse sono da collocare in due distinti periodi: al primo, caratterizzato da un vivace realismo, appartengono il “cantante, lo scugnizzo, il cavaliere, la vedova, la foritanella” ed altre, e sono da considerare come i “modelletti” (da cm 30 a cm 60) occorrenti per i complessi lignei presepiali di S. Maria in Portico di Napoli (1695circa) e di S. Maria in Aracoeli di Roma (1696circa), entrambi composti da figure a grandezza naturale, ma di cui sussistono solo alcuni elementi.