Le riflessioni di Giovinale, mie e di Rosato sul progetto del P.A.M. stilato dal prof. Salvatore Marino

Sul futuro del Monte dei Pegni, sono intervenuto con una mia riflessione sul blog di Michele Raucci. Eccola: Caro Michele, immagino che la pubblicazione del tuo post sia un invito al confronto e magari a nuovi stimoli. Ho letto con interesse il tuo post e vorrei sottoporti alcune riflessioni. Viviamo quotidianamente questa città, la attraversiamo, ne respiriamo l’aria e frequentemente ci interroghiamo sul futuro, anche quello culturale. Da tempo e ad intermittenza si affronta timidamente in città il dilemma del fare cultura e noto, nei pochi interventi che la tendenza è quella di correre solitamente “dietro la storia”. Giusto, sacrosanto preoccuparsi della storia. Metterla al riparo, valorizzarla e dunque ordinare gli archivi storici della città, puntare al restauro dell’esedra al Palazzo Novelli, nell’era del tessile hi tech rimarcare la canapa. Siamo custodi di una stagione storica straordinaria, che ha segnato nella nostra identità una pagina indimenticabile. Che ha segnato, appunto, segnato. Ma può bastare per il nostro futuro il recupero della sola memoria storica?A mio giudizio no. In realtà, in città il dibattito sul futuro dell’arte e della contemporaneità è completamente assente. Da decenni abbiamo smesso la frequentazione con l’arte contemporanea. Rincorriamo un modello di città che sa di museo civico e nulla si dice o si fa affinché gli artisti viventi, tornino ad abitare la città, con le loro opere, animare il sociale, seminando tracce del loro fare. Noi che viviamo il mondo della scuola, sappiamo bene quanto grande sia la richiesta di spazi per le arti visive e la musica. Lo testimonia la felice espansione del Liceo Artistico e di altre comunità scolastiche che promuovono continuamente laboratori d’arte. Veri e propri impianti di incubazione di futuri artisti a cui bisogna necessariamente predisporre per il futuro una realtà possibile.Una richiesta di spazi che proviene dal basso avvertita dalle nuove generazioni ma anche da tanti artisti cittadini che per esporre vanno fuori città. Siamo una città priva di assessorato alla cultura, aspetto quanto mai singolare che evidenzia come su questo versante procediamo con l’idea del giorno. Cosa si racconterà di noi, di oggi, fra un secolo? Ancora canapa, archivi storici, platee? Se tanto da tanto, oggi cosa esprimiamo artisticamente sulla linee temporale dell’arte di questa città? Continuiamo a edificare sulla storia o proviamo a farne una noi, oggi, adesso? Difficile dirlo. Pare essere più rassicurante lo schema di una città “che conserva”. Attrae meno il modello di una città contemporanea in continua trasformazione, che sperimenta l’esperienza del fare arte. È di arte contemporanea questa città ne ha un bisogno smisurato. Per la sua forza innovatrice che ogni opera rappresenta nel tessuto sociale di una comunità, ma anche per ciò che può rappresentare, in termini di ricerca del bello, ribaltando il male, che un’opera d’arte può determinare. Questo progetto invece conserva. Giusto, sacrosanto ma non sufficiente. Gli spazi espositivi per l’arte, sarebbero confinati in un saloncino, che tutti conosciamo bene, che suggestivamente viene definito “sala grande” peraltro polifunzionale. Mi colpisce la definizione di PAM, l’ennesima mutazione genetica del nostro bellissimo Monte dei Pegni. Un palazzo la cui ridotta superficie mai potrebbe essere associata alle ampie sale espositive dei PAM presenti in altre città. E sconfortante la frammentazione in “stanze e stanzette” del Monte dei Pegni che forse dovremmo conservarlo così come è, affidando il suo futuro alla musica e all’arte. Nel piccolo Monte dei Pegni ci finirebbe un po’ di tutto. Da tempo ho un dubbio che mi inquieta: non vorrei che questa smisurata ricerca sulla storia e sul nostro passato sia in realtà una manifesta incapacità di immaginare un futuro. Ai miei alunni raccomando di studiare, ma di non stare troppo tempo chini sui libri, il rischio è di rimanere incartati e immobili mentre il tempo scorre e restare privi di risposte. Aiutami Michele a capire da che parte stiamo andando.

Michelangelo Giovinale

 

Caro Michelangelo, sono particolarmente contento che il nostro fervido e appassionato dialogo su questioni di interesse cittadino tra un esercizio e l’altro in palestra prosegua qui sui social, affinché tutti quelli che hanno a cuore la crescita di Marcianise, possano dare un significativo contributo alla discussione.

Fatta questa piacevole premessa, ti dico subito  la mia riguardo alle tue stimolanti riflessioni. Innanzi tutto, è per me motivo di grande soddisfazione che Marcianise abbia iniziato a  discutere e confrontarsi sul suo futuro. Una comunità che vuol capirsi, si interroga dove sta andando , dove vuole andare è fondamentale per tracciare percorsi e prospettare soluzioni che tutti sentano proprie, aggreghino e ci consentano di fare un salto di qualità. Su un punto però, per la franchezza che ha sempre contraddistinto i nostri ragionamenti, vorrei essere chiaro con te e la città : dialogo, ascolto, confronto  ma bisogna decidere. Dobbiamo evitare il rischio di impantanarci nella palude delle chiacchiere. L’amministrazione comunale ascolti tutti i suggerimenti, faccia le necessarie valutazioni di carattere procedurale e tecnico-logistiche, ma poi  tiri le somme. Il non decidere è decidere di restare in una certa situazione. Entrando nello specifico delle tue osservazioni, io ritengo che occorre incontrare, conoscere, far proprio il passato ma non mancare dell’eccitazione per il futuro. Ricorderò male , ma finora ho visto solo  iniziative sporadiche, scollegate, poco incisive sul recupero del nostro mondo contadino e del nostro passato storico, artistico culturale. Ben venga, dunque , il P.A.M.  proposto dall’ottimo Salvatore Marino, ma nello stesso l’amministrazione comunale potrebbe valutare la possibilità di reperire nuovi spazi per accogliere e dare la giusta visibilità alle fulgenti sperimentazioni e straordinarie finestre sulla modernità,  cui tu fai riferimento in modo impeccabile.

Con l’affetto e la stima di sempre

Michele Raucci

 

Caro Michele, ho avuto poco tempo fa una conversazione con Michelangelo, che mi ha comunicato le sue riflessioni, le stesse, che oggi leggo. E’ un discorso appassionante, che non nega il valore del passato, ma esige un protagonismo diverso nel presente. Michelangelo lavora con giovani studenti e comprendo il suo desiderio di immetterli nel flusso della storia, senza che questi diventino solo osservatori di una produzione , di un patrimonio. Forse qui sta il punto. Marcianise ha fatto poco per il suo passato ed ancor meno per le prospettive future. Penso che un impegno serio debba muoversi su questi due versanti: il recupero del nostro passato, la sua conoscenza anche critica, da cui assumere la necessaria consapevolezza della storia, che ci riguarda, e nello stesso tempo stimolare il nostro ” essere storia”, attenti ai tempi, che viviamo, alle risorse, che possono venir fuori, alle istanze, che, pure in qualche modo, si possono avvertire. Il mio non è un tentativo di conciliazione tra due posizioni diverse, è piuttosto l’amara constatazione di un lungo tempo trascorso nell’inerzia, che ha fatto segnare il passo all’evoluzione della nostra città, ma anche la sensazione di una grande opportunità quella di guardare e recuperare il nostro passato e, nel contempo, trovare le modalità più giuste per vivere il nostro presente e prospettare le direzioni future.

Cari saluti!

Mimmo Rosato

Il progetto del P.A.M. presentato dal prof. Salvatore Marino

http://www.micheleraucci.it/2017/03/fare-del-monte-d…ne-citta-europee/