In un palazzo di San Giuliano c’è un monumento funerario che Panfilo dedicò alla moglie Eria morta a 29 anni

Reimpiegata in un palazzo di via S. Giuliano, si trova una stele funeraria a edicola con la seguente iscrizione:
HERIA• L• L • SECVNDA • O • H• VIXIT • AN • XXIX VIR FECIT P A M P H I L V S
«Heria L(ucii) l(ibertae) Secunda o(ssa) h(ic) (sita) (sunt) vixit an(nis) XXIX vir Pamphilus fecit»
«Qui giacciono le ossa di Eria Seconda, liberta di Lucio, vissuta 29 anni. Il marito Panfilo (le) dedicò»
Il gentilizio Herii (che deriva da un prenome osco) è presente a Capua fin dall’epoca della colonizzazione romana e sporadiche attestazioni le troviamo anche a Venafrum (CIL X, 4882) e a Puteoli (CIL X, 1803 e 2517).
La stele, in pietra calcarea, è sormontata da un’edicola a forma di tempietto con un rosone che decora il centro del frontone, questo è sostenuto da due colonnine con capitelli corinzi mal conservate. Nel registro è raffigurata una figura femminile appena riconoscibile a causa della notevole usura, la donna sembra indossare la tunica e la palla (lungo manto che avvolge la figura) e, probabilmente, compare nello schema detto della pudicizia, col capo velato.
Il tipo appartiene alle c.d. stele capuane ad edicola, di chiara derivazione attica, che ebbe larghissima diffusione a Capua e in Campania nell’età repubblicana. L’uso di rappresentare le figure per intero o quasi è, in effetti, di derivazione più greca che italica. La lavorazione di tali stele risente dell’arte provinciale, capace di valorizzare l’elemento locale; si tratta, infatti, di lavori eseguiti da artigiani campani, per l’esattezza capuani, ed il travertino usato è quello del Tifata. Esse ci offrono non solo elementi utili per valutare lo stile e l’arte di questo particolare tipo di monumento, ma anche e soprattutto per conoscere il contesto socio-economico nel quale ebbero diffusione.
Le stele erano generalmente piantate a terra lungo le principali strade romane ed è interessante il fatto che questa stele si trovi in via S. Giuliano, da molti autori considerata come la perpetuazione della via Atellana (Capua – Atella).

Pasquale Fecondo archeologo