Per me non è Pasqua senza tortano

Ieri mattina, il primo pensiero è stato di comprare tutti gli ingredienti light (  salame, prosciutto crudo, provolone piccante, uova)  e di incaricare mia nipote Giusy, in cambio di una mazzetta pasquale più cospicua degli altri, per la preparazione di uno squisitissimo tortano, una delle poche leccornie per cui ben volentieri corro  il rischio di trasformarmi in una mongolfiera con trigliceridi e colesterolo a mille. Per carità, non disdegno neppure un assaggino di “menestra ammaretata” e di altre prelibatezze , ma solo  il tortano mi procura un orgasmo gastronomico. C’ è chi lo chiama  torta-no, nel senso che non è una torta, ma è molto di più e chi casatiello derivante  da “caso”, che in dialetto napoletano vuol dire formaggio, e allude alla forte presenza al suo interno di formaggio pecorino. Tortano e casatiello hanno lo stesso impasto: farina, lievito, acqua, sale, pepe,  sugna (in italiano strutto), uova sode, salame, formaggio e ciccoli (ciccioli) di maiale. Le varianti sono numerose: regionali, locali, e familiari. C’è chi, invece del (o insieme al) salame  nell’impasto ci mette mortadella a dadini, o prosciutto cotto. Quanto ai formaggi, fondamentale è il pecorino romano di cui si nutre il piccolo della pecora, l’agnello  perchè già nei riti pagani collegati alla resurrezione primaverile della natura dopo la “morte” invernale venivano sacrificati degli agnelli, creature pure e candide, simbolo di innocenza. La minestra maritata è un tipico piatto di origine campana, in genere preparata secondo la più stretta tradizione napoletana per pranzi festivi quali Natale e Pasqua. La sua origine risale all’incontro tra la cucina campana e quella spagnola, essendo la minestra maritata o “pignato grasso” l’adattamento locale dell’olla podrida (Olia Potrida) piatto antico della tradizione iberica, risalente al Milleduecento: furono gli Spagnoli, infatti, a importarla a Napoli durante la loro dominazione, verso il 1300. Il nome di questa saporitissima minestra indica il felicissimo matrimonio tra verdure e carne. La ricetta nel corso degli anni è stata notevolmente rimaneggiata eliminando o modificandone gli ingredienti che sono sempre più rari da reperire in commercio. Durante le festività tradizionali, tuttavia, nei mercatini rionali di Napoli ancora si possono acquistare le verdure tipiche per preparare la minestra maritata, che sono tipicamente cicoria, piccole scarole (scarulelle), verza e borragine, che ne conferisce una nota amarostica. In qualche variante si usa anche la catalogna (in napoletano: puntarelle). La carne è tipicamente di maiale, con tracchie, salsicce, ’nnoglia, cotica e altri tagli cui si aggiungono le uova e il pecorino romano. In diverse zone del napoletano ma anche del casertano è immancabile anche la carne di gallina.