L’intervento di Alberto Abbate “LA SOLITUDINE DEL SINDACO” e il commento di Velardi

albertoantonello-1-318x256“LA SOLITUDINE DEL SINDACO (alcuni quesiti decadenti sul pensiero generale di questo paese)
Bella serata non più di qualche settimana fa, un paio di ore spese finalmente bene con un vero Insegnante,

coltissimo, lucido e soprattutto civilmente appassionato. Mi ha detto di Tucidide, della democrazia ateniese, del concetto di ‘polis’. Mi ha ricordato della radice di ‘polis’(per quanti maneggiano un po’ di greco) come ’molteplicità’, e quindi come idea di singoli che si aggregarono nel collettivo per il comune vantaggio, determinando così la nascita del tessuto sociale. Ha insistito su di una necessaria rilettura del pensiero greco, dei classici, della tragedia, sulla riproposizione del concetto di comunità come risorsa, di superamento della solitudine, ‘vulnerabile’. Ad un certo punto, durante la conversazione, è caduta in ballo (a proposito di solitudini), una solitudine particolare, quella del Sindaco. Il Sindaco-lo ribadisce spesso-ha una sua visione programmatica della nostra ‘polis’: rigenerare qualcosa come un protoplasma sociale marcianisano. Questo è forse l’impegno più importante cui poteva assoggettarsi (destrutturazione- ristrutturazione). Restando sul piano della significazione politico amministrativa, ciò rappresenta la vera sfida da parte di un intellettuale quale il Sindaco è.
Lo sta facendo? Egli prova a farlo. Con le sue devozioni, i suoi convincimenti, e con l’intralcio di compromessi inevitabili (chi non ne ha?). Penso alla ‘comunione nel network’ (il diario). Penso ai gesti esemplari (il Sindaco per strada con la scopa di saggina o in divisa da pompiere). Penso all’invito costante alla reazione verso l’antisociale, all’esortazione alla regola e alla denunzia (e perché no, alla delazione). Penso alla promozione ostinata di luoghi dell’identificazione collettiva, siano essi culturali o semplicemente mondani. Eppure, nel tenace perseguimento di questa sua ‘visione’ il Sindaco, dicevo con il mio Insegnante, resta relativamente solo.
Propongo qualche spunto di indagine riguardo quella che chiamerò la ‘solitudine relativa’ del Sindaco. Il primo spunto riguarda la collettività in quanto tale. A prima vista il corpo sociale risponde bene al catecumenato del Sindaco ed alla sua proposta di autoidentificazione collettiva. E’ una risposta per ora entusiastica, ma fragile. Per quanto conosco di questo luogo, povertà e stratificazione clientelare hanno da sempre determinato entusiasmi abbastanza fatui, fintantoché non si è trattato di rinunziare alla gallina personale di oggi per l’uovo collettivo del domani (è questo d’altra parte il cancro che fa di noi una moltiplicazione di ‘solitudini’). Sto dicendo che, al di là dei confini della smagliante ‘Nuova Atlantide’ che potrebbe affascinare, parecchi marcianisani attendono il loro tornaconto, famelici, inneggiando irrazionalmente ad ogni versione del nuovo. Gli stessi che urlano ‘vai Sindaco!, per la maggior parte, potrebbero divenire domani i peggiori detrattori cannibali, se non gli va bene.
Il secondo spunto, circa la ‘solitudine del Sindaco’, dovrebbe riguardare la risposta dell’opposizione rispetto alla novità che egli rappresenta. Francamente l’opposizione, a tutt’oggi, vivacchia di quisquilie. Ed io non so cosa farmene dei dubitativi, dei malumori, dei sospetti (restiamo in attesa del prossimo pamphlet) e delle segnalazioni di illiceità che si moltiplicano stancamente sul network. E’ pur vero che l’opposizione deve nutrirsi di questo, ma è altrettanto vero che questo non basta, dal momento che l’opposizione (per buona parte) non appresta ad oggi alcuna alternativa critica alla complessiva ‘visione’ del Sindaco (la maggioranza non è da meno, intendiamoci).
Il terzo spunto riguarda la ‘ solitudine del Sindaco’ in ambito intellettuale, da parte di quella fascia sociale che dovrebbe rivestire questo ruolo nel nostro paese. Eccezion fatta ovviamente per parecchi altri (oltre che per il mio Insegnante) nessuno, e sottolineo nessuno, dimostra ad oggi il coraggio di un pensiero compiuto, sia esso omologato o controcorrente. Mi riferisco ai miei colleghi, ai professionisti in generale, al ‘ventre molle’ del paese che ne significa tuttavia la parte più sostanziale. Ma è davvero tanta la paura di compromettersi, il ‘tengo famiglia’, io dico? In altri termini: pensare in danno o a favore non è semplicemente dire che il Sindaco, a seconda dei casi, è da psicoanalizzare o da applaudire. Compromettersi a ragione o contro in base a ragioni compiute comporta uno sforzo ulteriore, (sul piano puramente critico), al quale davvero pochi si assoggettano qui, a Marcianise. L’enorme torto degli intellettuali di Marcianise è quello di stare zitti, dando ragione sia al Sindaco che alla sua (bizzarra) solitudine”.

 

Velardi: “Analisi molto interessante, a tratti approfondita a conferma dello spessore intellettuale di chi l’ha elaborata e della conoscenza dei luoghi e delle persone. D’accordo su tutto, non su quell’aggettivo – bizzarra – che non riesco a capire se non come retropensiero. Spero che anche quest’analisi contribuisca ad avviare un dibattito serio, costruttivo sulla Marcianise di oggi e di domani”.