Teatro Distinto per il “Marcianise Summer Festival”
“(Quella volta in cui ho fatto) LA DIFFERENZA” è il titolo dato al talk che ha avuto luogo lo scorso 4 Luglio al Palazzo della Cultura, su idea di Teatro Distinto, nell’ambito della rassegna “Marcianise Summer Festival 2025”.
È stato un momento orchestrato da Gabriele Russo in cui, tra reading affidati ad Antonio Barca, Raffaele Panariello, Anna Valletta, Nunzia Grimaldi, Anna Valletta, Nikla Scialla, Davide Lampitelli e riflessioni varie, tra cui quella iniziale di Raffaele Scauzillo a nome della sempre attiva “Risvegli Culturali”, si è parlato di chi in qualche modo con opere o parole ha saputo fare la differenza per la società di ieri e di oggi. Ci si è soffermati su grandi nomi, come Madre Teresa di Calcutta o Bruce Springsteen, ma anche su persone comuni che tanto hanno dato alla città di Marcianise, come il compianto Monsignor Vincenzo Schiavone, nome simbolo della Chiesa della Annunziata, a cui Davide Lampitelli nel corso della serata ha dedicato questo pensiero:
Don Vincenzo Schiavone – Tessitore di umanità (di D. Lampitelli)
Oggi siamo qui per raccontare storie.
Storie di uomini che, con la loro presenza, hanno lasciato un segno profondo.
Pensando alla nostra Città, a un esempio autentico di chi ha saputo fare la differenza,
il pensiero corre, inevitabilmente, a Don Vincenzo Schiavone, amatissimo parroco della Parrocchia SS.Annunziata di Marcianise.
Ci sono vite che non cercano riflettori, ma sanno illuminare.
Esistenze che non riempiono le prime pagine,ma restano scritte nel cuore della gente.
Don Vincenzo era così:
una luce discreta, una voce pacata, una presenza che sapeva farsi casa.
Don Vincenzo non era solo un prete. Era un’anima interamente dedicata al suo ministero, un sacerdote atempo pieno,
un pastore instancabile, pronto ad ascoltarti in ogni ora del giorno e della notte. Chi lo conosceva lo definiva
“un prete d’altri tempi”:
mai visto senza la sua talare nera,
simbolo di una vocazione vissuta con rigore e devozione.
Ma in verità, il suo essere sacerdote era sorprendentemente moderno,
profondamente umano, radicalmente vicino.
Ha costruito un mondo dove tanti giovani hanno trovato casa,
luogo di crescita e di scoperta. Perché con loro sapeva intrecciare legami veri:
non parlava loro di Dio, li portava a Dio, con l’esempio, con il gioco, con la preghiera.
Sapeva guidare con dolce fermezza,
era bastone e carota insieme.
Anche quando ti correggeva,
sentivi che era l’amore a farlo parlare.
Non sono qui per raccontarvi la sua vita religiosa,vnon è questo il luogo né il momento.
Ma oggi, più che mai, sento di voler condividere la sua figura come faro, come esempio.
Perché Don Vincenzo è stato, per me, il sacerdote delle vocazioni.
Ha fatto nascere cammini, ha acceso fuochi interiori: Don Giuseppe Merola, Don Francesco Zarrillo, Don Agostino Albano,
i diaconi Don Pasquale Lampitelli e Don Antonello Gaudino, Suor Rosa Trombetta e tanti altri…
Tutti figli spirituali nati sotto la sua guida.
Ma non si fermava alle vocazioni religiose:
era un seminatore di talenti,
capace di offrire spazi, occasioni, ascolto.
Gabriele Russo ed Antonio Iuliano, ad esempio, hanno mosso i loro primi passi all’Annunziata,
accanto a lui, in anni di intensa collaborazione parrocchiale.
E sapete perché riusciva a fare tutto questo?
Perché si fidava.
Credeva nelle persone, e soprattutto nei giovani.
Ti aiutava a credere in te stesso.
E se sbagliavi… non ti giudicava.
Don Vincenzo non è stato solo un uomo buono.
È stato un seme.
E ciò che ha seminato, continua a fiorire… in chi ha avuto la grazia di incontrarlo.
Lo ricordo non solo come prete, ma come tessitore di umanità.
Spesso pensiamo che per cambiare il mondo
bisogna essere uomini eccezionali.
Ma forse è il contrario:
basta essere eccezionalmente semplici.
Essere presenti.
Essere umani.
Essere amorevoli.
Così, con piccoli gesti,
possiamo tutti – ognuno a
suo modo –
fare la differenza.
La foto copertina è di Maria Rosa Cecere